VELENI NEL PIATTO: quando l’accumulo di nitrati e nitriti “arricchisce” i nostri cibi

La scelta di alimenti biologici e di qualità possono fare la differenza nella nostra dieta

 A cura del dott. MARCELLO PIFFERI

  Possibilità di formazione di N-nitrosoamine altamente cancerogene, possibilità di avvelenamento del sangue con formazione di metaemoglobina, possibilità di nausea, allergie ed asma e tutto questo con probabilità molto maggiore nei bambini e nelle persone debilitate. Di quali potenti veleni stiamo dunque parlando? Di due classi di composti largamente diffusi in natura come inquinanti ma anche volontariamente immessi in moltissime preparazioni alimentari come conservanti utilizzati per dare un bel colore rosso vivo ai salumi e per evitare proliferazioni batteriche nelle carni insaccate ed in scatola.. Nitrati e nitriti è il loro nome comune mentre E249, E250, E251, E252 sono le sigle che li distinguono tra gli ingredienti nelle etichette degli alimenti. Causa il loro basso costo e la loro efficacia sono usatissimi nell’industria delle carni insaccate e si possono contare sulle dita di una mano i salumi che ne sono esenti. La tossicità maggiore è data dai nitriti (E249, E250) che in adatte condizioni di temperatura ed acidità, quali sono nello stomaco, possono reagire con le proteine (di cui sono appunto ricche le carni) per dare origine a N-nitroso composti di cui è stata ampiamente dimostrata l’altissima cancerogenicità. I nitrati d’altra parte tendono a trasformarsi in nitriti

nell’organismo e tale trasformazione raggiunge percentuali elevatissime nei lattanti in quanto essi non hanno ancora sviluppato adeguati meccanismi di difesa. Così, come il fumo colpisce i polmoni, in questo caso ad essere particolarmente colpiti sono lo stomaco e l’intestino zone in cui più alta è la permanenza dei suddetti composti.

In alcuni paesi, quali l’Australia, è vietata la loro presenza nel cibo per lattanti, in Italia la legge (D.M. del 31/03/1965) stabilisce dei limiti massimi consentiti alla quantità di nitrati e nitriti presenti negli alimenti che per le carni conservate è di 250 mg/kg di nitrati e di 150 mg/kg di nitriti. Per l’acqua potabile i limiti consigliati sono molto più ristretti: 50 mg/l nel caso dei nitrati e solo 0,1 mg/l nel caso dei nitriti!

La quantità giornaliera assimilabile senza rischi per la salute è di 3,65 mg/kg di peso corporeo per i nitrati e di soli 0,06 mg/kg per nitriti. Un rapido calcolo ci permette di affermare che una persona di 70 kg non dovrebbe assumere nell’arco della giornata più di un quarto di grammo di nitrati e solo 4,2 mg di nitriti; ora poiché in 1 kg di carne conservata (in scatola o come insaccato) ci può essere fino a 150 mg di nitrito aggiunto una semplice divisione ci mostra che bastano soli 36 g di carne conservata per raggiungere la dose ammissibile giornaliera.

Un po’ meglio va per i nitrati (che di per sé sono molto meno tossici ma che, come già detto, nell’organismo tendono a trasformarsi nei più pericolosi nitriti) ma se dagli insaccati passiamo agli ortaggi la situazione per questi si ribalta completamente.  E’ infatti pratica colturale quasi universalmente diffusa per il più rapido e migliore sviluppo dei vegetali concimare abbondantemente i campi con sali di ammonio, di calcio o di potassio dell’ acido nitrico che sono avidamente assorbiti dalle piante specialmente nella fase di crescita.. Questi nitrati così assorbiti sono poi lentamente metabolizzati all‘interno della pianta quale fonte primaria di azoto per la produzione delle proteine necessarie per l’accrescimento e le altre funzioni. Se però la concimazione è stata particolarmente abbondante o la raccolta troppo precoce questi sali si ritroveranno come tali nella pianta stessa ed andranno inevitabilmente a finire assieme ai residui di pesticidi, erbicidi ed altre simili delizie sulle nostre tavole. Analisi a campione effettuate sui vari tipi di vegetali hanno accertato che tra quelli più a rischio ci sono gli spinaci e le bietole (fino ed oltre 2500 mg/kg ! )  i sedani, la lattuga, i finocchi e in maniera minore i ravanelli, i porri, i vari tipi di insalata e radicchio, i cavoli, le carote fino a scendere a valori molto più bassi (inferiori a 200 mg/kg) della patata, del pomodoro e del peperone.

Valori molto bassi si ritrovano invece nei vegetali coltivati con metodo biologico senza concimi inorganici a riprova della necessità di un più oculato utilizzo della chimica in agricoltura.

Meno problematica è la presenza di nitrati e nitriti nell’ acqua potabile data la bassa quantità permessa come limite massimo. C’è solo da aggiungere che la presenza di queste sostanze deriva in genere da infiltrazioni  nella falda acquifera di concimi utilizzati in agricoltura e in particolare la presenza di nitriti è indice di inquinamento organico più o meno vicino (in genere allevamenti intensivi di bestiame).

I nitrati sono poi insieme ai fosfati tra i principali responsabili dell’eutrofizzazione delle acque dolci e marine.

Da quanto sopra esposto è evidente la facilità con cui si può superare la dose giornaliera ammissibile solo mangiando una porzione di un salume ed una bella insalata di lattuga o di altra verdura allevata con metodo intensivo magari in serra fuori stagione e forzata a crescere a suon di concimi ed altri prodotti chimici. Che fare dunque? Limitarsi in primo luogo nel consumo delle carni conservate ed in scatola leggendo sempre bene l’ etichetta degli ingredienti ricordandosi che spesso un bel colore rosso vivo non è indice di freschezza ma solo di elevata presenza di nitrati e nitriti, privilegiando salumi, salsicce, wurstel di qualità poiché più la carne è scadente maggiore sarà la presenza di tali conservanti.

In quanto ai vegetali, se non si ritiene opportuno passare  a prodotti di coltivazione biologica poiché troppo costosi, si dovranno privilegiare le verdure di stagione coltivate a pieno campo in quanto meno probabili ad essere soggette a concimazioni intensive per forzarne la crescita.

L’anidride solforosa è un gas tossico e soffocante derivante dalla combustione dello zolfo e un componente pressoché ubiquitario dell’inquinamento atmosferico in quanto derivati dello zolfo sono presenti nella massima parte dei combustibili. Essa è inoltre uno dei principali responsabili delle piogge acide in quanto nell’ alta atmosfera essa si combina per azione dei raggi ultravioletti con l’ ossigeno dell’aria e con l’umidità presente in essa per dare origine a minutissime goccioline di acido solforico estremamente corrosivo.  Ma l’anidride solforosa SO2  (E220) ed i sali da questa derivati, con le sigle da E221 a E227 , sono pure usatissimi conservanti ed apprezzati antiossidanti per moltissime preparazioni alimentari.  Come tale o sotto forma dei sali da essa derivati (E221 solfito di sodio, E222 bisolfito di sodio, E223 metabisolfito di sodio ed i corrispondenti sali di potassio E224, E225 e di calcio E226,E227) 

è largamente utilizzata per la conservazione della frutta secca (fino a. 600 mg/kg), in alcuni tipi di marmellate confetture e succhi di frutta, sottaceti sottolii e funghi secchi, preparazioni di pesce con particolare riguardo a crostacei, gamberi e baccalà, generalmente presente in aceti e vini (max 200 mg/l), birre e mosti concentrati. Notevoli sono le sue proprietà sbiancanti e come tale viene adoperata per rendere più chiare le farine (max 300 mg/kg)..

Essa può inattivare e distruggere alcune vitamine presenti nei cibi (in particolare la B1 la C e la E) interferisce nel metabolismo di alcuni aminoacidi e può essere pericolosa per le persone asmatiche in quanto può scatenare attacchi d’asma anche severi, può inoltre causare reazioni allergiche particolarmente nei bambini e causare mal di testa (tipico è il mal di testa causato da certi vini bianchi di scarsa qualità in cui è massima la concentrazione di  SO2 ). Particolare attenzione va  appunto rivolta al vino in quanto stranamente non è obbligatorio dichiararne l’ aggiunta (ed infatti nessuno lo fa) benché sia tra gli alimenti di più largo consumo ed è abbastanza facile superare la dose massima giornaliera accettabile Dga che è pari a 0.35mg/kg di peso corporeo. Per una persona di 70 kg quindi non si dovrebbero superare i 24,5 mg per cui se in un vino ne sono contenuti 200mg/l basta assumerne 125 cc  (all’incirca un bicchiere o poco più) per superare la dose massima giornaliera accettabile.  Nei vegetali e preparazioni di verdure, in cui serve tra l’ altro ad evitare l’ imbrunimento per  ossidazione con l’ aria, la dose massima ammessa è invece solo 50 mg/kg. E’ molto adoperata in alte dosi nella conservazione della frutta secca specialmente se di provenienza estera per cui attenzione ad abusare di fichi, uvetta, datteri e prugne.

Come si vede è difficile sfuggire alla sua indesiderata presenza per cui la raccomandazione è sempre la stessa: evitare per quanto possibile gli alimenti conservati e rivolgersi al cibo biologico che non ne ammette l’utilizzo!