L’importanza
di
poter
dimostrare
la
paternità
della
“
scoperta”
A
cura
dell’Ing.
Carlo
Ceccarini
Se
un
giorno
il
vostro
cervello,
in
uno
stand-bay
fra
le
analisi
e
le
disquisizioni
sul
“Grande
fratello”
o
sulle
“Veline”
o
in
un
attimo
di
pausa
della
ineluttabile
programmazione
del
“tempo
edonico-gaudente”,
partorisse
un’idea
a
dir
poco
geniale,
un
progetto,
non
solo
utilissimo,
ma
nientemeno
che
soddisfacente,
a
pieno
titolo,
i
canoni
del
“piazzabile
sul
mercato
con
poche
spese,
poco
impegno
e
ancor
meno
fatica
ma
con
immensi,
incontrollabili
(dal
fisco)
ed
immediati
utili”,
lasciate
perdere,
fate
finta
che
quella
idea
geniale
sia
stata
un
flash
indesiderato,
un
attimo
di
smarrimento
di
un
settore
del
cervello
che
ha
voluto
controllare
se
alcune
attività
legate
ad
una
funzionalità,cosiddetta
raziocinante,
(difficile
stabilire
se
trattasi
di
rigurgito
di
qualche
cella
di
memoria
sfuggita
al
sistematico
annientamento
della
cultura
e
dell’intelligenza
o
se
trattasi
di
un’informazione,
per
puro
caso,
intravista
su
qualche
ipernoiosissimo
trafiletto,
mentre
eravamo
intenti
ad
aggiornarci
sulle
ultimissime
“gossip”).
Dicevo
meglio
lasciar
perdere;
cercare
di
approfondirne
lo
studio
e
la
messa
a
punto
o
addirittura,
tentare
di
realizzarla,
esigendone
poi
la
paternità
e
quindi
i
sacrosanti
diritti
morali
ed
economici,
in
parole
povere
tentando
di
brevettarla;
avete
a
disposizione
un’ottima
occasione
per
cacciarvi
nei
guai
di
ogni
genere
e
tipo,
avventurarsi
in
una
jungla
in
cui
non
vale
la
già
abbastanza
iniqua
legge
del
più
forte
bensì
la
più
che
abominevole
legge
del
più
“mariuolo”.
Se
però,
pervasi
dal
sacro
furore
del
realizzare
qualcosa
in
cui
credete,
e
non
in
qualcosa
in
cui
siete
più
o
meno
inconsciamente
costretti
a
credere,
vi
trovate
ad
essere
pervasi
da
una
forma
di
nuovo
“donchisciottismo”,
ebbene
preparatevi
ad
affrontare
di
tutto
di
più!
La
documentazione
relativa
al
vostro
progetto,
siano
disegni
o
relazioni
tecniche
o
semplici
descrizioni,
inviatela
ad
amici,
meglio
se
titolari
di
imprese,
in
quanto
hanno
quasi
sempre
un
protocollo
di
ingresso
ed
uscita,
così
facendo
vi
mettete
in
condizione
di
ottenere
una
datazione
certa
e
inconfutabile
del
parto
del
vostro
cervello,
usate
tutti
i
mezzi
che
registrano
la
data
di
trasmissione:
fax-
e-mail
missive
registrate
e
protocollate)
perché
se
una
società
di
notevole
importanza
troverà
un
non
trascurabile
interesse
economico
alla
vostra
idea,
come
per
incanto
compariranno
altri
inventori
che
guarda
caso
hanno
avuto
la
vostra
stessa
intuizione.
Fior
di
avvocati
saranno
pronti
a
dimostrare
che
la
paternità
della
“scoperta”
appartiene
a
quel
tizio
(mercenario
e
lustramaniglie
della
multinazionale
interessata
al
progetto)
e
che
voi
siete
solo
e
soltanto
degli
usurpatori
di
invenzioni.
Meucci
docet.
Se
la
vostra
testardaggine
vi
spinge
a
contattare
un
ufficio
brevetti
o
meglio
l’Ufficio
Italiano
dei
brevetti
e
dei
Marchi
di
Fabbrica,
vi
accorgerete
che
ad
eccezione
della
Valle
D’Aosta
ce
n’è
almeno
uno
per
regione,
diciannove
insomma.
Ma
ciò
che
veramente
sorprende
è
il
fatto
che
di
uffici,
che
vi
prendono
a
braccetto
e
vi
conducono
con
spavalda
sicurezza
per
l’erta
e
travagliata
via
del
riconoscimento
e
della
concessione
del
brevetto,
ce
ne
sono
(stando
ad
una
non
approfondita
ricerca
su
internet)
almeno
980
solo
in
Italia.
I
costi
di
riconoscimento,
concessione
e
registro,
già
peraltro
elevati
(da
qualche
migliaio
Euro
a
poche
centinaia
di
migliaia
di
Euro)
lievitano
letteralmente
se
si
fanno
intervenire
queste
agenzie
diciamo
così
dedicate,
infatti
i
vostri
disegni
risulteranno
non
compatibili
con
gli
standard
richiesti
dall’Ufficio
Italiano
dei
Brevetti,
le
certificazioni
di
originalità
necessitano
di
costosissime
ricerche,
la
relazione
accompagnatoria
dovrà
essere
rivista
e
corretta
perché
nettamente
insufficiente,
meglio
se
a
farla
è
un
luminare
(onorario
stellare)
di
un
politecnico
o
similare.
Ma
il
brevetto
volete
che
sia
riconosciuto
solo
in
Italia,
oppure
in
tutta
l’Europa
o
addirittura
lo
volete
di
validità
mondiale?
Dopo
che
avrete
preso
coscienza
del
costo
di
un
brevetto
internazionale,
prevedo
che
il
sacro
furore
cui
faccio
riferimento
qualche
riga
sopra
abbia
perso
un
bel
po
di
energia
Se
non
vi
è
del
tutto
passato;
molto
meglio
fare
un
giro
di
telefonate
a
tutte
le
grandi
ditte
che
possono
essere
interessate
alla
messa
sul
mercato
della
vostra
idea.
Tenete
presente
che
i
responsabili
del
settore
commerciale
delle
“megaditte”
sanno
fare
molto
bene
il
loro
lavoro,
quindi
se
riuscirete
a
venir
fuori
da
una
contrattazione
con
questi
individui
con
qualche
osso
ancora
intero,
ritenetevi
fortunati.
Per
favore
non
prendetemi
sul
serio,
inventate
tutto
ciò
che
potete,
non
c’è
soddisfazione
più
grande
di
poter
dire
questo
l’ho
inventato
io.
Ormai
le
“conche”,
rese
obsolete
dalle
lavatrici,
sono
pressoché
introvabili,
qualcuna
ha
cambiato
destinazione
d’uso
e
fa
bella
mostra
di
se
in
qualche
giardino,
ma
l’inventore
del
loro
foro
di
svuotamento
è
passato
alla
storia
per
aver
ideato
un
qualcosa
che,
dati
statistici
alla
mano,
era
presente
su
tutte
le
“conche”
ma
le
massaie
non
l’hanno
mai,
dicesi
mai,
adoperato.
Un
grande
augurio
di
serene
“scoperte”
ai
novelli
“Leonardo”.